La qualifica di impresa sociale può essere attribuita a tutti gli enti privati (inclusi quelli del libro V del codice civile, cioè società , sia di capitali che di persone) che:
esercitano in via stabile e principale un’attività d'impresa di interesse generale;
perseguano finalità civiche e solidaristiche, non abbiano scopo di lucro e pertanto limitino la quota di utili che è possibile redistribuire;
adottino modalità di gestione responsabili e trasparenti;
favoriscano il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività .
Per imprenditore si intende chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.
Il codice del terzo settore identifica una specifica sezione del registro unico nazionale del terzo settore (Runts) dedicata alle imprese sociali, incluse le cooperative sociali.
Possono essere qualificate come imprese sociali sia gli enti del Libro I del codice civile (associazioni, fondazioni), sia gli enti del Libro V e quindi le società costituite ad esempio in forma di Srl o di Spa o le cooperative. Le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. A questi ultimi, si applica la disciplina dell’impresa sociale, quando non incompatibile con la normativa specifica.
Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale:
le società costituite da un unico socio persona fisica: tali soggetti non possono nemmeno controllare direttamente o indirettamente le imprese sociali, né esprimerne il presidente;
le amministrazioni pubbliche. La definizione è intesa in senso ampio, che include, tra l’altro: le aziende dello Stato a ordinamento autonomo; i consorzi e associazioni di regioni, province, comuni e comunità montane; le università ; gli istituti autonomi case popolari; le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e le loro associazioni; le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale;
gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati.
Queste realtà possono essere socie di un’impresa sociale ma non ne possono detenere il controllo.
Il fatto che i volontari debbano essere minoritari (oltre che operare in modo complementare e non sostitutivo rispetto ai lavoratori retribuiti), rende di fatto incompatibile la qualifica di impresa sociale con le organizzazioni di volontariato, nella quali i volontari devono essere prevalenti.
Di fatto si escludono anche per le associazioni di promozione sociale che debbono realizzare le proprie attività “avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati”.
Alle imprese sociali si applicano, ove compatibili, tutte le prescrizioni previste per il terzo settore, mentre per gli aspetti non disciplinati fa fede il codice civile con riferimento alla forma giuridica dell’impresa sociale.
Fonte Foto: di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay