Nell'agosto del 1910, a Murnau in Baviera, Wassily Kandinsky termina uno degli scritti più singolari del secolo. Si intitola Lo spirituale nell'arte.
Non è una dichiarazione di poetica, non è un trattato di estetica, non è un manuale di tecnica pittorica. È un libro di profezie laiche, in cui misticismo e filosofia dell'arte, meditazioni metafisiche e segreti artigianali si sovrappongono e si confondono, nel presentimento di un'arte nuova.
L'aurora della pittura, che Kandinsky crede di annunciare, si riverbera anche sulle sue pagine, che ci appaiono insieme incerte e perentorie, divise tra ombra e chiarore.
Non esiste testo teorico delle avanguardie in cui non si avverta una condizione di giovinezza, di nascita. [...] Tuttavia in nessuno come in Kandinsky la speranza di una nuova arte si traduce così sistematicamente nella certezza di una nuova epoca.
Per Kandinsky l'arte è una creazione della storia. E dunque l'arte spirituale che sta per manifestarsi è il segno di un'età nuova: l'età dello spirito.
Il soggetto del suo libro non è l'arte, è la spiritualità . E se la situazione della pittura è analizzata con particolare attenzione, i continui riferimenti alla poesia, alla musica, al teatro, alla danza, l'aspirazione a un'arte monumentale che sia una sintesi delle singole espressioni, dimostrano che Kandinsky si interessa alla pittura solo perché è un aspetto dell'arte. E si interessa all'arte solo perché è un aspetto dello spirito. Dirà in seguito: «II mio libro Lo spirituale nell'arte, come Il Cavaliere Azzurro, si proponeva soprattutto di risvegliare la capacità , indispensabile in futuro, di cogliere nelle cose materiali e nelle cose astratte l'elemento spirituale, che rende possibili infinite esperienze». Questa dimensione complessiva ha dato alle pagine di Kandinsky una diffusione inuguagliata.
Lo spirituale nell'arte non è stato il manifesto di una corrente, è stato il manifesto di una generazione.